28 maggio 2011

RU486: sedicenne portoghese muore per choc infettivo

RU486

di Redazione Ansa

Fonte: Ansa



RU486
Una ragazza portoghese di sedici anni è morta dopo un aborto con la pillola abortiva Ru486, per shock settico da Clostridium Sordellii, infezione finora diagnostica nei decessi da aborto medico solamente negli Stati Uniti. Ne hanno dato notizia studiosi portoghesi durante il 21° European Congress of Clinical Microbiology and Infectious Diseases (ECCMID) che si è tenuto nei giorni scorsi a Milano. Lo rende noto il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella. ''E' il primo caso europeo - afferma Roccella - nel quale è stata accertata la presenza della rara ma letale infezione da Clostridium Sordellii''.

Il Ministero della Salute, annuncia il sottosegretario, ''segnalerà il caso portoghese di morte a seguito di aborto farmacologico all'EMA, l'agenzia di farmacovigilanza europea, chiedendo un supplemento di indagine e un aggiornamento sulle segnalazioni di decessi e complicanze''. Nelle prossime settimane, rende noto Roccella, saranno inoltre resi noti i dati sugli aborti effettuati con la Ru486 in Italia nel suo primo anno di commercializzazione.

ROCCELLA: AD OGGI 32 MORTI ACCERTATE PER PILLOLA - Sono 32, ad oggi, le morti accertate a seguito dell'utilizzo della pillola abortiva Ru486. Lo afferma il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, la quale ha oggi reso nota la notizia della morte di una ragazza portoghese sedicenne dopo l'assunzione della pillola abortiva. ''Le morti per aborto con Ru486 e prostaglandine - sottolinea il sottosegretario - salgono così a venti, a cui se ne sommano altre 12 per persone che avevano preso la Ru486 per "uso compassionevole", cioè al di fuori di protocolli stabiliti: in tutto 32 morti accertate dopo l'assunzione di Ru486''. 
''Vanno anche ricordate - prosegue Roccella - altre due donne morte per aborto farmacologico solo con prostaglandine, cioè solo con il secondo farmaco associato alla pillola abortiva''.
''Raccomandiamo ancora una volta agli operatori del settore di seguire le linee guida ministeriali sull'aborto farmacologico, che prevedono che l'intera procedura venga eseguita in regime di ricovero ordinario, per salvaguardare al meglio la salute delle donne'' afferma il sottosegretario alla Salute. 
Un recente studio australiano, ricorda inoltre il sottosegretario, ''ha segnalato che le complicazioni dopo l'aborto medico sono molto più frequenti di quelle a seguito di aborto chirurgico, in base ai risultati di 7000 aborti effettuati con la Ru486 nel sud dell'Australia, confermando - conclude - i dati già noti della letteratura scientifica''.

50 mila blog chiusi per stampa clandestina ?

All’inizio di maggio una sentenza della prima sezione penale della Corte di Appello di Catania ha equiparato un blog ai giornali di carta. Dunque commette il reato di stampa clandestinachiunque abbia un diario in Internet e non lo registra come testata giornalistica presso il tribunale competente, come prevede la legge sulla stampa n° 47 del 1948.

La vicenda è paradossale e accade  in Italia. Lo storico e giornalista siciliano Carlo Ruta aveva un blog: si chiamava Accadeinsicilia e si occupava del delicato tema della corruzione politica e mafiosa. In seguito a una denuncia del procuratore della Repubblica di Ragusa, Agostino Fera, quel blog è stato sequestrato e chiuso nel 2004 e Ruta ha subito una condanna in primo grado nel 2008. Ora la Corte di Appello di Catania, nel 2011, ritiene che quel blog andava considerato come un giornale qualsiasi – ad esempio La Repubblica, Il Corriere della Sera o Il Giornale – è dunque doveva essere registrato presso il “registro della stampa” indicando il nome del direttore responsabile e l’editore. La notizia farà discutere a lungo la blogosfera italiana: cosa succederà ora?

Massimo Mantellini se la prende con Giuseppe Giulietti e Vannino Chiti per aver presentato in Parlamento la Legge 62 sull’editoria, che è stata poi approvata, con la quale si definisce la natura di prodotto editoriale nell’epoca di Internet. Ma il vero problema, a mio avviso, è la completa o scarsa conoscenza di cosa sia la Rete da parte di grandi pezzi dello Stato, incluso la magistratura. Migliaia di burocrati gestiscono quintali di carta e non sanno quasi nulla di cosa accade in Internet e nei social network. Questa sentenza, quindi, è un regalo alla politica cialtrona che tenterà ora di far chiudere i blog scomodi. Proveranno a imbavagliarci.

In Italia ci sono oltre 50 mila blog. Soltanto BlogBabel ne monitorizza 31 mila. Nel mondo esistono almeno 30 milioni di blog e forse sono anche di più. I blog nascono come diari liberi on line, può aprirne uno chiunque. Una casalinga. Uno studente. Un  professore universitario. Un operaio. Un filosofo. Chiunque. Ma adesso in Italia non è più possibile e possiamo dire che inizia il Medioevo Digitale. Nel mondo arabo i blog e i social network hanno acceso il vento dellademocrazia, il presidente americano Barack Obama plaude il valore di Internet e la libertà d’informazione, Wikileaks apre gli archivi segreti delle diplomazie, e noi, in Italia, in un polveroso palazzo di giustizia, celebriamo la morte dei blog.

Ma la vogliamo fare una rivoluzione? Vogliamo scendere in piazza come gli Indignadosspagnoli e inventarci qualcosa che faccia notizia in tutto il mondo? Vogliamo innalzare una grande scritta davanti alla Corte Costituzionale con lo slogan “Io bloggo libero, non sono clandestino!”. Eggià: perché gli avvocati di Ruta faranno appello in Cassazione e a quei giudici bisognerà far sapere che in Italia ci sono 50 mila persone libere che hanno un blog e confidano nell’articolo 21 dellaCostituzione, che permette la libertà di espressione con qualunque mezzo.

Che ne dite? Ci proviamo?

Tratto integralmente da : ilfattoquotidiano.it

Attentato ai caschi blu italiani

NEW YORK, 27 maggio 2011- La notizia dell’attacco ai sei soldati italiani in Libano è arrivata a new York nel momento in cui al Palazzo di Vetro, in occasione della giornata mondiale dedicata ai Peacekeepers, venivano ricordati i sette caschi blu uccisi lo scorso aprile in un agguato in Afghanistan e i 32 soldati morti qualche giorno prima in Congo a causa di un incidente aereo.

“Le Nazioni Unite lavoreranno insieme alle autorità libanesi per portare i responsabili di questo gesto davanti alla giustizia”, ha affermato il segretario generale Ban Ki moon che non ha mancato di esprimere “piena vicinanza a tutti i soldati feriti, alle loro famiglie al governo italiano”.

La giornata internazionale dedicata alle forze di pace Onu è in realtà il 29 maggio (in occasione della prima missione di pace avvenuta nel 1948), ma quest’anno è stata anticipata al 27 per non far cadere la ricorrenza di domenica. Il dipartimento che si occupa del mantenimento della pace ha confermato l’attacco dinamitardo al convoglio Unifil, mentre si trovava nella superstrada che collega Sidone alla capitale Beirut, senza pero’ fornire ulteriori dettagli. Nello stesso punto circa tre anni un team di caschi blu irlandesi rimase vittima di un agguato simile a quello di oggi.

La missione di pace dell’Unifil in Libano, all’interno della quale operavano anche i sei soldati italiani feriti oggi, ricopre un ruolo fondamentale per la stabilità dei rapporti tra Israele e Libano. Sono impegnati, sotto la guida del generale spagnolo Alberto Asarta Cuevas quasi 12 mila uomini, di questi 1780 sono italiani.

“Il lavoro di peacekeeping è pericoloso e difficile”, ha rimarcato il segretario generale, ricordando che lo scorso anno sono morti 173 caschi blu a causa di disastri naturali, violenze e incidenti. Solo nel gennaio 2010 persero la vita sotto le marcerie ad Haiti più di 100 soldati.

Attualmente 
lavorano nelle forze di pace Onu circa 120 mila persone, tra soldati, poliziotti e personale civile. “Le persone che sono riuscite a sopravvivere a una guerra- ha detto Ban- non possono e non devono continuare a soffrire ancora a cuasa di periodo di insicurezza e ingiustizia. Dalla supervisione al referendum in Sudan, all’aiuto nella risoluzione della crisi post-elettorale in Costa d’Avorio i caschi blu hanno rappresentato l’Onu facendo del loro meglio, riportando in molti casi la stabilità e la speranza per un futuro migliore”.
Donatella Mulvoni


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