17 maggio 2011

Giovani disoccupati: in Italia più che altrove

Giovani disoccupati: in Italia più che altrove


Sostanzialmente ci chiediamo se i giovani italiani, definiti come la fascia d’età che va dai quindici ai ventiquattro anni, abbiano prospettive lavorative migliori o peggiori dei loro coetanei internazionali.
Il primo grafico mostra la media della disoccupazione giovanile negli anni 2005/2007 in vari paesi OCSE. Ci fermiamo al 2007 per studiare il quadro internazionale pre-crisi; rimandiamo ad un prossimo articolo l’analisi degli effetti della crisi economica del 2008 sulle prospettive lavorative dei giovani. L’Italia si posiziona tra gli ultimi posti: la nostra disoccupazione giovanile è più alta di circa sette punti percentuali rispetto alla media europea. Tra i gli altri paesi solo la Polonia, la Slovacchia e la Grecia fanno peggio nel periodo di riferimento.


È importante comparare la nostra situazione e quella internazionale non solo in termini assoluti, come abbiamo fatto sopra, ma anche in termini relativi, ossia rispetto agli over-30. Questa comparazione ci permette di capire se la disoccupazione sia un fenomeno trasversale a tutte le generazioni oppure colpisca in particolar modo i giovani. Che in Italia affligga soprattutto i giovani lo abbiamo visto in un precedente articolo. Ci chiediamo se questo sia una particolarità italiana oppure un fenomeno diffuso.
Il secondo grafico mostra il gap tra la disoccupazione giovanile (15-24 anni) e quella adulta (30-64 anni); le barre sono ordinate in ordine crescente di dimensione: a destra si trovano i paesi per i quali il gap tra disoccupazione giovanile e adulta è maggiore. Questa figura ci dice due cose: (1) la disoccupazione giovanile è più alta di quella adulta in tutti i paesi del nostro campione e (2) l’Italia anche in questo caso si posiziona agli ultimi posti, facendo decisamente peggio della media europea. In parole semplici, il mercato del lavoro è più difficile per i giovani di tutti i paesi del nostro campione ma lo è in misura maggiore gli italiani.
Con il terzo grafico diamo uno sguardo dinamico al fenomeno. La figura mostra l’evoluzione della disoccupazione per diverse fasce d’età nel nostro Paese, negli USA, in Svezia e per l’Europa nel suo complesso (*). Notiamo alcune cose: anzitutto il gap tra disoccupazione giovanile e adulta è notevolmente aumentato in Italia e in Europa. L’Italia sembra però aver fatto peggio sia della Svezia sia della media europea. È utile comparare queste dinamiche a quelle degli USA: il gap tra disoccupazione giovanile e disoccupazione adulta è rimasto pressochè costante in America. Queste diverse dinamiche sembrano indicare un diverso funzionamento del mercato del lavoro nel vecchio e nuovo continente. Queste differenze saranno oggetto di un prossimo articolo.
In conclusione ci sembra utile ribadire quanto abbiamo imparato da questo confronto internazionale. In primo luogo, la disoccupazione giovanile in Italia è tra le più alte nei paesi OCSE. In secondo luogo, se è vero che la disoccupazione giovanile è di solito più alta di quella adulta, è anche vero che questo fenomeno è particolarmente accentuato in Italia e i nostri giovani soffrono in termini relativi più dei loro coetanei internazionali. Da ultimo, la situazione lavorativa dei giovani rispetto agli adulti negli ultimi trenta anni è peggiorata nel nostro paese più che nel resto d’Europa, e molto più che negli Stati Uniti dove è rimasta pressochè invariata.
(*) In questo grafico, cambi alla metodologia e ad alcune definizioni che limitano la comparabilità dei dati si sono verificate per la Svezia (nel 1986, 1992 e 2004), per l’Italia (nel 1993 e nel 2004) e per gli USA (nel 1994 e nel 2000).

i comuni fanno causa allo stato Sulle scorie nucleari


Sulle scorie nucleari i comuni fanno causa allo statoOggi sei Comuni della Consulta ANCI deiComuni sedi di impianti nucleari (Caorso, Saluggia, Trino Vercellese, Rotondella, Ispra e Piacenza) hanno avviato un'azione legale nei confronti del Governo a tutela degli interessidei Comuni e dei cittadini per chiedere che vengano ripristinate le somme spettanti ai Comuni dal 2005.
"Sconcertati dalle menzogne che ci vengono raccontate". Così si dicono i vertici dell'Associazione dei Comuni italiani, indispettiti per la reticenza dell'esecutivo a sbloccare le somme promesse come compensazione ai municipi scelti come sedi di servitù nucleari (per le vecchie centrali) o come depositi di stoccaggio nucleare. "Nel 2005 tali risorse sono state decurtate del 70% - spiega il presidente della Consulta Anci Fabio Callori - e ad oggi non è stato pagato nemmeno il restante 30%".

Le somme di cui parla Callori sono quelle previste dal DL 314/2003, che ha stanziato misure di compensazione territoriale per quei Comuni nel cui territorio sono presenti le vecchie centrali nucleari fino al loro definitivo smantellamento.

La legge finanziaria 2005 aveva, quindi, sensibilmente ridotto gli importi delle misure di compensazione, con un taglio del 70%.

Ad oggi, però, i Comuni non hanno incassato neanche un centesimo del restante 30%, nonostante i continui annunci da parte del Governo.
Ad esempio, tra gli oneri più urgenti c’è la “compensazione” economica dei territori che hanno una centrale nucleare od un centro di stoccaggio di materiale radioattivo al loro interno.

In Italia, questo tipo di compenso è fissato da una legge del 2003, che indice dei compensi sostanziosi per tutti i comuni che possiedono vecchie centrali atomiche in via di smantellamento o centri di stoccaggio. Nel 2005 però il governo reindirizzò il 70% di questi fondi verso la fiscalità generale.

In pratica, con le nostre bollette abbiamo iniziato a pagare le tasse vere e proprie. Una cosa abbastanza assurda se diamo uno sguardo alle varie dichiarazioni governative che si lamentano di bollette troppo alte a causa dei finanziamenti alle rinnovabili.
Viene da chiedersi, se il rischio che corriamo è quello paventato da Callori – lo stop allo smantellamento delle vecchie centrali – con che prospettiva il nostro paese, incapace di assolvere economicamente ai propri doveri, può davvero pensare di rituffarsi verso il nucleare? Ma soprattutto, che rassicurazioni possono avere i territori delle eventuali prossime sedi, se queste sono le premesse?

Ed infine, qual è il costo reale di una centrale atomica, contando spese di costruzione, di smantellamento, di stoccaggio, di ricompensa dei territori, per non parlare di quelle mediche, grazie allo statisticamente dimostrato aumento di tumori? 

Giappone dimenticato, ma la radiattività aumenta, adesso 620.000 volte oltre il limite.

Ieri alle sette di mattina la Tokyo Electric Power Company (Tepco) ha annunciato oggi che «E' stata trovata acqua altamente radioattiva che si infiltra nel mare vicino a uno dei reattori della centrale nucleare danneggiata di Fukushima o Daiichi». Si è scoperto l'11 maggio che l'acqua contaminata scorreva da un tubo presente in un pozzetto di un tunnel per cavi elettrici (nella foto), vicino alla presa di acqua del reattore numero 3.

I lavoratori poi hanno utilizzato una telecamera per filmare nelle vicinanze del tubo di aspirazione dell'acqua ed hanno verificato che l'acqua contaminata stava fuoriuscendo anche dalla parete della "fossa" e raggiungeva l'Oceano Pacifico.

La Tepco ha detto che l'acqua nella fossa conteneva 37.000 becquerel di cesio-134 per centimetro cubo, cioè un livello 620 mila volte al di sopra del limite di sicurezza stabilito dal governo. L'azienda ha anche scoperto che nell'acqua di mare tra la tubazione di carico e una vicina barriera speciale il cesio-134 era 32.000 volte sopra il limite. La barriera è stata realizzata davanti alla centrale nucleare per impedire che l'acqua radioattiva fuoriuscita finisca nell'oceano.

Da dove venga la nuova fuga di acqua radioattiva sembra un mistero: la Tepco «Sta esaminando la possibilità che l'acqua radioattiva nella costruzione della turbina del reattore possa essere trapelata attraverso un tunnel di collegamento nel tubo, perché i livelli di acqua nell'edificio turbina erano scesi da martedì» e che non sa quando sia iniziato la fuga, ma che indagherà se il monitoraggio dei livelli di acqua è stato adeguato..

Sembra lo tesso "film" di aprile, quando la Tepco dovette confermare che acqua altamente radioattiva era fuoriuscita in mare da una crepa in una fossa all'esterno del reattore 2. I media giapponesi si chiedono apertamente perché la Tepco non sia in grado di prevenire anche quest'ultima perdita di acqua altamente radioattiva. L'ennesimo incidente rischia di ritardare ancora il progettato trasferimento di acqua radioattiva accumulata negli edifici delle turbine verso gli impianti di stoccaggio provvisorio.


Purtroppo un altro episodio : acqua radioattiva potrebbe fuoriuscire da un buco nel reattore n. 1, provocando un forte calo del livello dell'acqua all'interno del reattore. La Tepco ha inviato gruppi di "liquidatori" all'interno dell'edificio per stabilizzare la colonna d'acqua del reattore. Subito l'utility sospetta che semplicemente l'indicatore di livello non funzionasse correttamente «In quanto il livello dell'acqua non è aumentato, nonostante il pompaggio in di 150 tonnellate di acqua al giorno per raffreddare il reattore», ma stamattina i lavoratori hanno constatato che il livello dell'acqua era più di un metro sotto il bottom della barre di combustibile.
fonte: greenReport.it

Il Congresso USA vota l'autorizzazione alla Terza Guerra Mondiale

La legge autorizzerebbe il presidente degli Stati Uniti ad adottare un'azione militare unilaterale contro tutte le nazioni, organizzazioni e persone, sia a livello nazionale che all'estero, che siano impegnati attualmente o che abbiano in passato sostenuto ostilità o che hanno fornito aiuti a sostegno delle ostilità contro gli Stati Uniti o di uno qualsiasi dei suoi alleati di coalizione.

La normativa elimina l'obbligo di approvazione del Congresso per l'uso della forza militare e dà invece al Presidente un'autorità totalitario dittatoriale di impegnarsi in qualsiasi azione militare per un periodo indefinito di tempo.

Si dà anche al presidente il potere di lanciare attacchi contro cittadini americani all'interno degli Stati Uniti, senza alcuna supervisione del Congresso.


Nascosto all'interno del National Defense Authorization Act, contrassegnata dalla House Armed Services Committee questa settimana, è una disposizione estremamente importante a cui non è stata data abbastanza attenzione - una autorizzazione nuova di zecca per una guerra mondiale.

Questa disposizione "invisibile" è stata aggiunta al disegno di legge dal presidente della commissione, il Rep. Buck McKeon (R-Calif.), ma ha un po 'di storia. Era stata inizialmente proposta dall'ex procuratore generale Michael Mukasey nel 2008, dopo che l'amministrazione Bush aveva perso la causa Boumediene vs Bush (in cui la Corte Suprema riconobbe il diritto ai detenuti del carcere di Guantanamo ad essere processati nei tribunali ordinari americani). Un'idea che potrebbe essere stata originariamente destinata a rafforzare le basi dell'amministrazione Bush per il mantenimento dei detenuti di Guantanamo è stata ora promossa come l'autorizzazione ad una guerra mondiale - e potrebbe diventare la più grande singola cessione incontrollata di autorità di guerra al potere esecutivo nella storia moderna americana.


Fonte :: pillolarossafb.blogspot.com

Fukushima, guai senza fine tempi lunghi per la bonifica

Il governo conferma l'impegno a chiudere i reattori in panne entro il 2012, ma gli osservatori sono scettici. Nuovi problemi per la gestione dell'acqua radioattiva: la Tepco ammette il rischio di contaminazione in mare
TOKYO - Il peggio sembra essere stato scongiurato, ma a oltre due mesi dal terribile tsunami che ha mandato in tilt la centrale atomica di Fukushima la situazione è ancora ben lungi dall'essere nuovamente sotto controllo. Il rischio di una nuova esplosione all'interno dell'impianto sembra ormai superato, ma i tempi per dichiarare la crisi definitivamente risolta si stanno drammaticamente allungando rispetto alle rassicuranti promesse fatte nei giorni scorsi dal governo giapponese. In accordo con la Tepco, l'azienda elettrica che gestisce la centrale, il primo ministro Naoto Kan aveva fissato una precisa tabella di marcia per la messa in sicurezza dei tre reattori in panne.



Come termine per la chiusura definitiva era stato indicato gennaio 2012. Data che il governo ha confermato anche oggi, ma secondo gli osservatori si tratta di una previsione irrealistica viste le difficoltà che continuano ad emergere 2ad ogni passo della bonifica. La Tepco ha spiegato di aver rinunciato all'idea di raffreddare definitivamente i reattori allagandoli dopo la scoperta di una grossa falla nella struttura del reattore numero 1. L'alternativa scelta sarebbe quindi quella di far circolare per l'impianto l'acqua radioattiva

che si è accumulata in queste settimane. Strategia che comporta però degli altissimi costi. Sarà necessario infatti decontaminare enormi quantità di acqua e costruire poi un nuovo bacino di stoccaggio dove conservare l'acqua meno contaminata.

L'azienda, smentendo le rassicurazioni delle scorse settimane, ha annunciato inoltre la creazione di un sistema di monitoraggio per verificare i livelli di radioattività dell'acqua marina nel tratto di costa circostante la centrale e la costruzione di una barriera sotterranea per cercare di scongiurare nuove infiltrazioni pericolose. Lo stato dell'impianto di Fukushima sarà comunque oggetto la prossima settimana di un sopralluogo da parte degli inviati dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica.

Malgrado le difficoltà, il governo ostenta comunque ottimismo."Al momento l'impegno principale è quello di raffreddare i reattori con l'acqua e la cosa sta funzionando", ha detto Goshi Hosono, il consigliere del premier Kan per l'energia nucleare. Il malconento dei giapponesi però è in aumento e per cercare di contenere i malumori il governo ha deciso di riconoscere alla popolazione colpita dall'incidente lo status di "vittime di una politica nazionale", ammettendo quindi di fatto il passato sostegno pubblico alla diffusione dell'energia atomica. Al momento gli sfollati per l'incidente nucleare di Fukushima sono 80 mila, mentre i contadini dell'area di Kanagawa sono stati costretti a distruggere il raccolto di tè per il timore di contaminazione da cesio. Danni ingenti anche per gli allevatori che hanno dovuto eliminare circa 1.500 capi di bestiame, soprattutto mucche e maiali, cresciuti nella zona "no-go", tracciata lungo un raggio di 20 chilometri dalla centrale.

Il riconoscimento di "vittime di una politica nazionale" consentirà ai cittadini di accedere a uno speciale fondo di aiuti pubblici che il Parlamento sarà chiamato a varare nelle prossime settimane. Punto centrale di questa strategia di sostegno è la costruzione di 24 alloggi temporanei per dare ospitalità agli sfollati. Il governo ha invece ritirato oggi l'allarme per le sostanze radioattive 3 trovate lo scorso mese nel latte materno di alcune donne giapponesi. La dichiarazione di cessato pericolo è arrivata dopo che le stesse donne sono state sottoposte a nuove analisi che hanno dato esito negativo non essendo stata rilevata alcuna traccia di materiale tossico.

17 maggio 2011

Fukushima: ora spunta l'errore umano


Inutili i 70 camion-generatori per riopristinare l'energia esterna

Fukushima: ora spunta l'errore umano: i back-up cooling systems spenti manualmente dai lavoratori prima dello tsunami

Saltata la catena di comando. Il governo giapponese arrabbiato con la Tepco: «Lo abbiamo saputo oggi dalla stampa»
La Tokyo Electric Power Company ha ammesso che per la catastrofe della centrale nucleare di Fukushima Daiichi la colpa non è tutta del terremoto/tsunami dell'11 marzo: i back-up cooling systems dei reattori non sono riusciti a funzionare dopo il sisma. La Tepco ieri ha fatto il punto sui lavori nell'impianto nucleare dopo il disastro dell'11 marzo ed è emerso che il condenser system di emergenza del reattore 1 ha funzionato per meno di 10 minuti dopo il terremoto e il blocco è durato per 3 ore.
L'azienda ora sospetta che «I lavoratori abbiano arrestato manualmente il sistema in quanto la pressione all'interno del reattore era diventata così bassa che avevano paura di danni».
Un altro tipo di back-up cooling system nei reattori 1 e 2 ha perso potenza dopo che lo tsunami ha sommerso le batterie.
La tepco sta valutando tutti queste "nuove" difficoltà per capire quale impatto abbiano avuto sulla fusione delle barre di combustibile. Insomma, dai documenti resi noti dalla Tepco ad oltre due mesi dal terremoti/tsunami viene fuori che a Fukushima Daiichi i lavoratori si sono impauriti e potrebbero avere arrestato manualmente il raffreddamento di emergenza del reattore 1 per evitare danni al reattore perché la pressione era scesa bruscamente a 70-45 atmosfere.
Il tutto prima dell'arrivo dello tsunami che fino ad ora era stato indiocato come la vera causa dell'innesco del disastro nucleare. Il sistema è progettato per raffreddare il reattore anche se saltano tutte le fonti esterne, come accaduto a Fukushima, ma la mossa di spegnerlo temporaneamente significa solo una cosa, come ammette la stessa Tepco: non funzionava adeguatamente. La Tepco dice che «La decisione può essere stata presa sulla base di un manuale per impedire danni al reattore» e che il sistema funzionava, «Ma potrebbe averlo fatto per più tempo fino al meltdown», quindi «Indagherà su cosa ha portato alla decisione di spegnere la macchina e se la decisione sia stata corretta».
La cosa è preoccupante perché allora non si capisce chi "comandasse" nella centrale nucleare e chi ha dato l'ordine di bloccare i back-up cooling systems quando è scattata l'emergenza che ha innescato la tragedia nucleare che continua ancora oggi. E' evidente che (se era prevista per eventi come il terremoto/tsunami) è saltata la catena di comando. Le somiglianze con la confusione di Chernobyl sono impressionanti.
Il capo di gabinetto del governo giapponese, Yukio Edano, ha chiesto oggi alla Tepco di «Presentare una relazione dettagliata su come i lavoratori abbiano arrestato manualmente gli emergency cooling system dei reattori, prima che li colpisse lo tsunami». Edano era evidentemente irritato ed ha detto ai giornalisti di aver appreso del manual shutdown solo stamattina dai giornali ed ha aggiunto che «La Nuclear safety agency del governo ha chiesto alla Tepco di spiegare la questione. L'utility deve presentare al più presto un resoconto dettagliato dei fatti e degli sviluppi, in modo che possa essere fatta una valutazione Alla società verrà richiesto di pubblicizzare tutti i risultati».
Ma non è finita, la Tepco ha ammesso anche che le decine di camion equipaggiati di generatori elettrici che sono stati dispiegati (coin grande pubblicità e spesa) a Fukushima Daiichi per sopperire al blackout dell'alimentazione esterna «Per lo più si sono rivelati inutili.
Circa 70 camion con generatori di energia delle Self-Defense Forces (l'esercito giapponerse) e di altre istituzioni sono stati dispiegati a Fukushima Daiichi dopo che il terremoto/tsunami ha spazzato via alimentazione esterna e disabilitato i backup generators dell'impianto, ma ora la Tepco spiega che «Le macerie sparse in tutto il compound e gli allagamenti delle centraline hanno ostacolato il set up dei camion. La centralina del reattore 2 era stata collegata ad un generatore di un camion solo circa 24 ore dopo il disastro, ma pochi istanti dopo un'esplosione di idrogeno nel vicino reattore 1 ha distrutto cavi e camion. Due giorni dopo, un'altra esplosione di idrogeno nel reattore 3 ha danneggiato I camion con I generatori colpiti da enormi blocchi di calcestruzzo. L'energia elettrica è stata ripristinato nell'impianto, attraverso la normale rete elettrica, solo il 21 marzo, 10 giorni dopo il terremoto/tsunami.

Riscaldamento e condizionamento a costo zero a Follonica

Riscaldamento e condizionamento a costo zero a FollonicaNon solo non pagano il riscaldamento in inverno e l’effetto «aria condizionata» in estate, ma guadagnano in media 70 euro al mese grazie al conto energia, il contributo statale per chi produce energia pulita. Soldi con i quali pagano la luce e il gas per cucinare. E infine evitano che 120 mila tonnellate di anidride carbonica finiscano nell’atmosfera ogni anno.
Neppure le venti famiglie che da un anno vivono nei primi appartamenti in Italia riscaldati e raffreddati con l’energia geotermica a bassa entalpia e il fotovoltaico avrebbero immaginato tanta «manna energetica» in tempi di crisi. «E invece il risultato è stato straordinario», testimonia chi vive in uno dei venti appartamenti di 85 metri quadrati con giardino e box auto. «Le case sono calde d’inverno e fresche d’estate ed è un piacere non solo per le finanze familiari. Qui tutto è pulito e anche sapere di non inquinare aiuta a vivere meglio. Non potremmo mai tornare in case riscaldate tradizionalmente». Il segreto delle case «a bolletta zero» è la geotermia a bassa entalpia, ovvero l’energia che viene sprigionata naturalmente dalla terra e può essere canalizzata nel riscaldamento della casa utilizzando particolari sonde.


Il progetto, nato da un’idea di Piergiorgio Romagnoli, è stato progettato dallo studio Ecogeo di Siena e dalla Cooperativa edile l’Avvenire di Follonica. Gli appartamenti sono costati 255 mila euro l’uno, un prezzo in linea con il mercato. Il calore naturale della terra viene catturato grazie a una tecnica particolare. «Si trivella il terreno per un centinaio di metri», spiega il geologo Giacomo Biserni, «e poi si utilizzano sonde dal diametro massimo di 15 centimetri collegate alla centrale termica. Infine il calore viene spinto nelle serpentine collocate sotto il pavimento. Queste ultime riscaldano l’ambiente senza spendere un euro di bolletta energetica».


La cosa più interessante dell’impianto è la doppia funzione. In estate, infatti, si trasforma in un ottimo refrigeratore per raffreddare la temperatura di ogni stanza. Insieme all’uso della geotermia a bassa entalpia, i tecnici hanno utilizzato anche impianti fotovoltaici. Per rendere però fattibile una totale autarchia energetica, i costruttori hanno impiegato materiali particolari. Come speciali mattoni ad alta efficienza energetica, isolanti naturali per il tetto e le pareti. Sul tetto ci sono anche i pannelli solari. Che servono a integrare il consumo energetico della pompa di calore geotermica. Ed è proprio l’integrazione tra fotovoltaico, impianto geotermico ed elevata efficienza energetica dei materali con i quali sono state costruite le case a rendere possibile anche un certo risparmio e soprattutto un inquinamento ridotto quasi a zero

Così il sub commissario stoccava le finte ecoballe

Anna Fava

PROCESSO IMPREGILO. L’ex funzionario Mogavero rivela come il materiale non a norma veniva riclassificato e avviato alla termovalorizzazione. Cambiando i codici e sprecando fondi pubblici.

Bruno Mogavero, ex funzionario del ministero delle Infrastrutture di Salerno, è un uomo straordinariamente generoso. Quando nel 2005 l’ex commissario di governo per l’emergenza rifiuti in Campania, Corrado Catenacci, gli propone di accettare la nomina di sub commissario risponde prontamente alla chiamata alle armi: serviva un uomo che avesse competenze in materia di gestione di appalti pubblici, e Mogavero sentiva di essere l’uomo giusto. Il 3 marzo 2005 arriva la nomina, con la prospettiva di gestire i lavori di adeguamento degli impianti di trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati, conosciuti come “impianti Cdr”. Costruiti tra il 2001 e il 2003 dal gruppo Fibe-Impregilo, avrebbero dovuto produrre due materiali: la Fos, frazione organica stabilizzata da smaltire in discarica senza inquinare, e il Cdr, combustibile derivato dai rifiuti da bruciare negli inceneritori con recupero energetico, lautamente pagato attraverso i contributi pubblici Cip6.

Nel 2004 arriva la scoperta della magistratura: gli impianti non producono nessuno dei due materiali ma solo rifiuti rimescolati. Un particolare sottovalutato dal sub commissario Mogavero, imputato all’interno del processo Romiti-Impregilo in compagnia di altre 28 persone fisiche e giuridiche. L’ex sub commissario, oggi in pensione, è comparso davanti ai magistrati l’11 maggio scorso, chiamato a rendere conto di un’ordinanza, firmata il 7 marzo 2005. Nel provvedimento autorizzava lo stoccaggio delle “ecoballe” nelle piazzole limitrofe agli impianti. Con un piccolo problema: le ecoballe che non erano più il Cdr, classificato con il codice 19.12.10, previsto dal contratto tra Fibe e il Commissariato ma un materiale fuori norma, riclassificato con un codice diverso. Impossibile da bruciare senza violare il contratto. Il 7 marzo 2005, racconta Mogavero, ad appena 3 giorni dal suo insediamento, sul far della sera riceve la visita di due funzionari della struttura commissariale, entrambi imputati nel processo: Claudio De Biasio e Giuseppe Sorace.

I due ricoprivano il ruolo di Rup (Responsabile unico di procedimento) presso la struttura. In particolare Giuseppe Sorace (dichiarato con una perizia psichiatrica inabile a sostenere il processo) era responsabile del termovalorizzatore di Acerra. «I due Rup», racconta Mogavero «mi dissero che a causa del cambio di codice delle balle era urgentissimo adottare un provvedimento straordinario per autorizzarne lo stoccaggio. Altrimenti gli impianti si sarebbero intasati, impedendo l’ingresso di nuovi rifiuti e provocando un’emergenza per le strade». La soluzione, quindi, era consentire anche per le balle fuori norma il deposito precedentemente autorizzato per il Cdr. Dopo alcune perplessità, l’ordinanza è pronta: la munnezza va tolta dalle strade, costi quel che costi. Soprattutto se a pagare è il pubblico e non la Fibe. «Come mai – ha chiesto il pm Giuseppe Noviello – pur sapendo che quello non era Cdr a norma ne ha autorizzato il deposito finalizzato alla termovalorizzazione con recupero energetico, e non allo smaltimento?» «Bisognava togliere i rifiuti dalle strade – ha risposto Mogavero – le discariche scarseggiavano e lo smaltimento fuori regione sarebbe venuto a costare una cifra esorbitante». Una strana preoccupazione, hanno sottolineato i pm, dato che i costi dello smaltimento dovevano essere a carico di Fibe e non del pubblico. «Non avevo il sentore di aver prodotto un atto illegittimo» ha risposto Mogavero. E poi, se si possono far risparmiare un po’ di soldi che c’è di male? Tanto, a pagare, sono sempre i cittadini.

La Sindrome Cinese di Fukushima

E se se il reattore 1 della centrale atomica giapponese si fondesse e facesse un buco fino all’altra parte della Terra?
SindromeCinese è il titolo di un vecchio film hollywoodiano che parla dello spettro di una fusione del reattore di una centrale nucleare che letteralmente  fa un buco e arriva in Cina, il paese dall’altra parte del mondo rispetto agli Stati Uniti. Potrebbe accadere una cosa del genere a Fukushima?
ACQUA CONTAMINATA - La settimana scorsa un ingegnere della Tepco, mentre controllava i livelli d’acqua nel reattore numero 1, ha fatto un’allarmante scoperta: virtualmente il reattore si era fuso, riferisce il Time. Virtualmente, per fortuna. In realtà pare che il processo di fusione fosse cessato da un po’, o almeno si spera. Insomma, non si sa con certezza fino a che punto il materiale si sia fuso e purtroppo nemmeno dove sia andata la molta acqua di raffreddamento, contaminata, che è scomparsa, inghiottita da qualche parte. Probabilmente si trova nelle fondamenta del reattore, a quanto dicono gli esperti, e non nel centro della Terra.
MELTDOWN - Molti scienziati dicono che è davvero molto improbabile che si verifichi un incidente da Sindrome Cinese, cioè che il nocciolo fonda e buchi la terra, anche perché si è cercato in ogni modo di evitare il meltdown del reattore. Ma, non volendo considerare lo scenario più terrificante, resta il fatto che avere un’ingente quantità di acqua radioattiva che va in giro nelle fondamenta dell’impianto non è molto rassicurante, e rende molto più difficile la pulizia. LaTepco ha dichiarato che presenterà un nuovo piano per stabilizzare il reattore entro oggi e per aspirare l’acqua che è sfuggita al controllo, cercando nello stesso tempo di immettere acqua nel sistema di raffreddamento del reattore.
ANIMALI DA ABBATTERE - Ancora non è chiaro come faranno, ma una nave per lo stoccaggio dell’acqua sta facendo rotta verso Fukushima, dove arriverà entro fine maggio. La Tepco ha inoltre annunciato la costruzione di una copertura per il reattore 1, la quale dovrebbe prevenire il rilascio di altre sostanze radioattive, oltre a quelle già immesse nell’ambiente. Restano evacuati i circa 5000 residenti di Kawamata e Iitate e di tutte le persone che vivono entro 20 km dalla centrale. Ulteriori evacuazioni sono previste nei prossimi giorni, oltre all’abbattimento di 3400 mucche, 31500 maiali e 630000 polli contaminati, che ormai è diventato impossibile nutrire. Questa la situazione oggi. Sindrome Cinese o no, c’è davvero poco da stare allegri.

Acqua come petrolio? La Nestlé vuole creare una borsa dell'acqua

16 Maggio 2011

Acqua in bottiglia
Creare una borsa dell'acqua significherebbe mettere la risorsa nelle mani delle multinazionali
La notizia di certo non sorprende, né giunge inaspettata. La Nestlé ha proposto alla regione canadese dell'Alberta di creare una borsa dell'acqua – così come avvenuto per altre materie prime – per risolvere un'annosa questione di concorrenza. L'acqua della zona infatti è contesa dagli agricoltori locali che la utilizzano per irrigare i campi coltivati, e dalle compagnie petrolifere, come la Syncrude o la Suncor, cui invece è necessaria – in grandi quantità – per estrarre il petrolio dalle sabbie bitumose.
In una intervista rilasciata alla Reuters, il presidente della NestléPeter Brabeck ha in pratica affermato che l'acqua dovrebbe essere trattata “più come il petrolio”. Con il petrolio “è evidente cosa accade quando la domanda sale. Il mercato reagisce e le persone iniziano ad usarlo in maniera più efficiente”.
Brabeck spinge il suo paragone fino al punto per lui più conveniente, quello dell'efficienza. Ma noi vogliamo andare più avanti. Abbiamo detto di considerare l'acqua come il petrolio. Ma cosa sta accadendo con il petrolio? Sul fronte dell'offerta, il petrolio è una risorsa in rapido esaurimento; se ne riesce ad estrarre sempre meno e quelle poche gocce preziose le si ottengono a fronte di uno sforzo sempre più elevato. Sul fronte della domanda, la richiesta continua a crescere e continuiamo a vivere in una società che basa sull'oro nero gran parte della sua produzione.
Cosa avviene? Il prezzo sale costantemente e sempre meno persone saranno in grado di acquistare petrolio o suoi derivati (fra cui l'energia da esso prodotta). Fin qui poco male, anzi. Un aumento vertiginoso del prezzo di benzina & co. porterà ad un ripensamento forzato delle strategie energetiche dei paesi industrializzati in chiave, si spera, ecosostenibile.
Ma immaginiamo che lo stesso accada con l'acqua. Supponiamo che l'aumento della richiesta – determinato dal costante aumento della popolazione mondiale – ed il calo della disponibilità – dettato invece dall'impoverimento e dalla contaminazione delle falde acquifere – facciano “reagire il mercato” causando un aumento considerevole dei prezzi dell'acqua. Che faremo allora? Sostituiremo l'acqua con un'altra risorsa più abbondante ed economica? Difficile da immaginare.
Più plausibilmente, le fasce più povere della popolazione perderanno l'accesso all'acqua potabile e dovranno, sempre che gli sia concesso, ricorrere all'acqua piovana o ad altre acque poco sicure, con il rischio della diffusione di malattie ed epidemie. Le multinazionali, grazie al loro potere d'acquisto, domineranno incontrastate sul mercato dell'acqua, dettandone regole e prezzi. E l'acqua da diritto di tutti passerà ad essere un privilegio di pochi.
La notizia ha suscitato fin da subito le reazioni delle associazioni che si occupano delle risorse idriche. "Affidare l'acqua alla borsa - ha affermato Riccardo Petrella, presidente dell'I.E.R.P.E (Istituto Europeo di Ricerca sulle Politiche dell'Acqua) - significa confiscare ai popoli della Terra un bene comune pubblico insostituibile per la vita, consegnando il futuro della vita di milioni di persone al potere di arricchimento di pochi grandi speculatori finanziari".
Simile reazione da parte del Comitato Promotore 2 Sì per l'Acqua Bene Comune, che ha dichiarato che "l'acqua non è una merce e non appartiene ai mercati e alle Borse, ma ai cittadini che devono farsi carico, in maniera responsabile e solidale, rispetto agli usi ed alle modalità con cui garantirne l'accesso alle future generazioni".
Rosario Lembo, presidente del Comitato italiano per il Contratto Mondiale sull'Acqua, ha parlato di una "proposta folle e dannosa, che va rigettata con forza attraverso azioni di contrasto da parte dei cittadini di ogni parte del mondo".
Purtroppo, l'unica voce fuori dal coro è stata del governo dell'Alberta, che è invece apparso entusiasta della proposta, ed ha già approntato la prima mossa: creare una distinzione tra diritti alla terra e diritti all'acqua, di modo che il possesso della terra non implichi il diritto all'acqua che vi scorre.
A.D.

La Turchia mette il bavaglio alla rete


Il presidente Ergogan: "Facebook è orrendo". Ma grazie al social network i cittadini si sono organizzati e sono scesi in piazza al grido di “Internet è nostra e rimarrà del popolo”
Trentamila cittadini sono scesi in piazza domenica in varie città della Turchia per protestare contro la decisione del governo di Istambul di “filtrare”Internet.

Secondo una disposizione dell’autorità per le Tecnologie della comunicazione e l’informazione turche (B.T.K.) dal prossimo 22 agosto i provider locali devono offrire ai navigatori quattro opzioniper collegarsi al web: “Bambini”, “famiglia”, “locale”, “standard”. La motivazione ufficiale è di fare in modo che i più piccoli non finiscano su siti pornografici ma, dalla società civile e dell’opposizione, si denuncia un esplicito tentativo di censura: in Turchia già adesso (e si teme ancor di più in futuro pur scegliendo il filtro “standard”) migliaia di siti sono bloccati senza motivazioni ufficiali, e ancheYouTube, dove era stato pubblicato un video ritenuto offensivo nei confronti del padre della nazione Atatürk – l’insulto al generale è considerato un crimine – è stato bloccato per due anni fino alla rimozione del video incriminato.

Il governo appare determinato: afferma – non dicendo la verità–che anche in Usa, Gran Bretagna, Germania e Austria la rete è filtrata, mentre il primo ministro Erdogan, conservatore e leader del partito islamico-moderato Akp, definisce Facebook “una tecnologia cattiva” e i social network “ripugnanti e orrendi” (lui che sul sito blu conta 770 mila fan).

Proprio su Facebook si sono organizzati i cittadini scesi in piazza per dire “no” al filtraggio indiscriminato. Hanno scandito slogan come “Non toccate la mia Rete” e “Internet è nostra e rimarrà del popolo”. Il partito di opposizione socialdemocratico sostiene che il regolamento è “la dichiarazione di morte di Internet in Turchia” e la stampa fa paralleli con le censure di Cina, Corea del Nord e Iran.

In Turchia si vota il prossimo 12 giugno: Erdogan è dato per favorito. Ma sulla censura ad Internet in un paese che vuole entrare nell’Unione, l’Europa avrebbe il dovere di far sentire la sua voce



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